
- phasianus colchicus : 30 sottospecie, un unico cielo -
Illustrazione: Phasianus colchicus di: Philip Rickman

Phasianus colchicus
Già, 30 sottospecie, un unico cielo, un unico ( comune ) destino. Bellissimi e preziosi, misterioso quanto intriganti, 30 gioielli che la natura e l'evoluzione hanno voluto donarci e che noi stiamo "sperperando" con assoluta indifferenza.
Più mi addentro nella storia passata, recente ed attuale, di questo genere, più sale in me la convinzione che nel modo, avicolo soprattutto, dopo il palese disinteresse ampiamente dimostrato, si sia giunti ad una sorta di consapevole rassegnazione. Questo è forse il guaio maggiore, la rassegnazione nei riguardi della più che probabile estinzione, perlomeno geneticamente, di questi meravigliosi rappresentanti del mondo alato dovuta soprattutto allo scarso interesse che suscitano tra gli addetti ai lavori, fotografi, documentaristi ecc. Mi pare quasi di percepirne il pensiero: in definitiva nulla di così tragico, siamo stracolmi di polli colorati ! Poco importa che siano ibridi, sono pur sempre fagiani, serve solo migliorarli un poco e gestirli meglio in natura. Magari selezionando razze che abbiano caratteristiche fenotipiche sempre più stabili. Razze ? Stabili ? L'imprecazione è trattenuta a stento ! Queste affermazioni dimostrano ancora una volta quanto siamo stupidi e presuntuosi. Dando sempre tutto per scontato, ci accorgiamo degli errori solo quando sono sulla soglia l'irreversibilità. Abbiamo, presente indicativo, ma è probabile che presto al loro riguardo dovremo utilizzare l'indicativo imperfetto avevamo, delle specie ma, in un delirio di supponente quanto indifferente onnipotenza, abbiamo lasciato che si estinguessero per poi, rincorrere il "sogno" di selezionare delle razze che, paradossalmente, assomiglino il più possibile alle forme perdute. Se questa non è demenza pura, allora ditemi cos'è ! Venne scientificamente descritta per la prima volta da Carl Linnaeus nella sua storica decima edizione del Systema Naturae ( 1758 ) con l'attuale nome scientifico. Presentandosi sufficientemente distinto da qualsiasi altra specie nota a Linneo, gli sembrò che un laconico: "Phasianus" rufus, capîte caeruleo - "fagiano rosso con la testa blu", potesse essere una definizione del tutto sufficiente. Tuttavia, la specie era già stata ampiamente discussa prima che quest'ultimo ne stabilisse la nomenclatura binomiale in - l' Ornithologia di Ulisse Aldrovandi - l' Uccelliera di Giovanni Pietro Olina - l' Uccelliera di John Ray Sinossi metodica Avium & Piscium - 14 e Storia naturale degli uccelli di Eleazar Albin. Oltre a quelli menzionati, Linneo attinse informazioni anche dalla maggior parte dei dei testi di ornitologia del suo tempo - nelle rispettive lingue - la specie è semplicemente chiamata "il fagiano". Fors'anche perché, già all'epoca, veniva considerato talmente comune da non essere necessario nessun approfondimento. La località tipo è descritta semplicemente come "Africa, Asia". Mentre per altre specie, Linneo riteneva opportuno citare vari dettagli, compreso il piumaggio, "copiati" dai testi di altri autori/ornitologi.
Tuttavia, questo galliforme, non si trova in Africa, tranne forse al tempo di Linneo nelle zone costiere del Mediterraneo, dove potrebbe essere stato introdotto dai romani. Successivamente, la località tipo, venne delimitata al fiume Rioni nella Georgia occidentale ( Caucaso ), noto come Phasis agli antichi greci che costituivano il ceppo, o comunque la maggior parte, dei fagiani introdotti in Europa, ad eccezione delle aree nelle quali erano già presenti; gli esemplari descritti dagli ornitologi sopra menzionati, dai trasse notevole spunto anche Linneo, pur tipicamente appartenendo a tali prime introduzioni, avevano sicuramente più alleli in comune con le popolazioni transcaucasiche rispetto agli altri. Il termine scientifico latino Phasianus colchicus - Phasianus = "fagiano" - "colchicus" = della Colchide ", riferito all'ovest dell'odierna Georgia; il termine in greco antico corrispondente a "fagiano" è Phasianos ornis ( Φασιανὸς ὂρνις ) = "uccello del fiume Fasi". Sebbene Linneo includesse molti Galliformi nel genere Phasianius, attualmente solo il Phasinaus colchicus e Phasinaus versicolor sono collocati in questo genere. Poiché quest'ultimo non era noto a Linneo nel 1758, il fagiano comune era, ed è rimasta, la specie tipo di Phasianus .
Sottospecie:
Di norma vengono riconosciute 30 ( 31 con il Phasianus versicolor ) sottospecie suddivise in da cinque a otto gruppi, secondo le fonti considerate, identificabili dal piumaggio maschile ( raramente anche da quello femminile ) con presenza o assenza di collare bianco e striscia sopracciliare; colorazione di corona, petto, parte superiore della schiena, fianchi, copritrici alari, groppa e groppone. Le popolazioni ibride introdotte, che racchiudono in se una notevole mescolanza di alleni ( geni ) differiscono, dai ceppi originali utilizzati e da ciò che la selezione naturale, in base al succedersi degli eventi, ha stabilito.
Una conosciuta indagine riguardante le relazioni genetiche delle sottospecie suggerisce che, probabilmente, la prima sottospecie fosse il Phasianus elegans originatasi nelle foreste della Cina sud-orientale ed è presumibile che la divergenza iniziale si sia verificata intorno a 3,4 mila anni fa. Si ritiene che la discrepanza tra la delimitazione delle sottospecie basata sulla morfologia e le loro relazioni genetiche sia attribuibile al passato isolamento seguito da un più recente mescolamento delle popolazioni causato dall'ampliamento della sua distribuzione attraverso il Paleartico occidentale.
Raramente la specie viene suddivisa in fagiani comuni dell'Asia centrale e con collare dell'Asia orientale, approssimativamente separati dalle regioni aride montagnose dell'ex Turkestan russo. Tuttavia, mentre le popolazioni occidentali e orientali erano, probabilmente, completamente separate durante l'ultima glaciazione ( iniziata all'incirca 110.000 anni fa, terminata approssimativamente 11.700 anni fa ), quando i deserti erano più estesi, questa separazione non fu abbastanza lunga da consentire che si verificasse un'effettiva speciazione. Oggi, la più grande varietà di modelli di colore si trova dove le popolazioni occidentali e orientali sovrappongono le loro gamme. Di norma le femmine, tranne poche eccezioni, nel gruppo di sottospecie non possono essere identificate con certezza.
Molte sottospecie rischiano di scomparire a causa dell'ibridazione con soggetti introdotti.
"....In base alla tradizione ellenica, la specie fu trasportata in Grecia dalla Colchide ( Georgia ) dagli Argonauti circa nel 1.300 a.C. 1* ).
Il Delta del Nestos parrebbe essere rimasto l'ultimo santuario del Phasianus c. colchicus in Europa. Paralikidis et al. (1997) e dove sono stati trovati soggetti geneticamente puri, fors'anche grazie al programma di protezione dall'introgressione genetica che proibisce rilasci di ibridi e/o altre sottospecie di Phasianus colchicus nella zona, non è mai stato registrato nessun fagiano con collare bianco. Nel 1956, la regione è stata nominata rifugio per la fauna selvatica e nel 1971 è stata inclusa nella Convenzione di Ramsar. L'area è inoltre protetta dalla Convenzione di Berna, dalle Direttive CE (Rete Natura 2000) e la caccia è vietata (Dafis et al. 1997). Fino agli anni '80, non erano disponibili stime riguardanti la popolazione di questa specie, con solo resoconti di cacciatori e guardiani forestali che suggerivano vi fosse un'elevato numero di fagiani senza collare nella zona. Nel 1985, Papageorgiou (1992) afferma che nel Delta furono trovati 200-300 esemplari. Jerrentrup e Resch (1989) confermarono la presenza di 50 maschi in quest'area. Paralikidis et al. (1997) stabilì che la dimensione della popolazione era compresa tra 700 e 1050 individui nel periodo 1990-1994. Nel decennio 2003 - 2012, la popolazione è stata monitorata utilizzando il metodo del conteggio delle chiamate ogni mese di maggio, utilizzando 84 punti selezionati sistematicamente per coprire la maggior parte del Delta. Durante questo periodo, sono stati registrati 31-92 territori di maschi. Secondo Burger (1966), ciò significherebbe una popolazione primaverile totale di 100-250 individui. Nel 2003, venne anche valutato se il Delta del Nestos fosse effettivamente un potenziale habitat per il fagiano utilizzando un indice di idoneità dell'habitat (Sokos et al. 2004). L'Associazione della Caccia di Karditsa, nella primavera del 2016, completò la prima fase del piano di reinsediamento del Phasianus colchicus colchicus in località selezionate dell'ecosistema ripariale di Kallentzis. Ricordiamo che, dopo uno studio approvato in collaborazione con l'Autorità Forestale competente, l'Associazione rilasciò 160 adulti ben adattati (12 mesi) di questa specie, in punti precedentemente selezionati. I primi tentativi parrebbero coronati dal successo poiché sono stati osservate nidiate di fagiani della Colchide lungo il corso del fiume...."
1* ) In altre fonti si legge che il fagiano del Caucaso meridionale ( Phasianus c. colchicus ) era comune in Grecia durante il periodo classico ed è un mito che gli stessi greci li introducessero nei Balcani durante il periodo di colonizzazione dell’antica Colchide ( Caucaso ). Colonizzazione avvenuta nel corso del VI secolo a. C., tuttavia, nei Balcani, mentre i resti archeologici relativi a fagiani sono molto più antichi, risalenti al VI millennio a. C., e ciò potrebbe indicare che questi Galliformi raggiunsero naturalmente la zona. Inoltre, sembra, che la gamma del Phasianus c. colchicus si estendesse dal Caucaso a tutta l’area costiera turca del Mar Nero spingendosi a lambire il Mar di Marmara. Da qui, potrebbe aver raggiunto la Grecia. Quel che rimane della popolazione balcanica sopravvive nella foresta ripariale di Kotza-Orman a Nestos ( Grecia ). una popolazione stimata di 100-200 uccelli adulti. In Bulgaria si è estinto negli anni '70 a causa dell’ibridazione con esemplari introdotti ).
Si tratta di una specie politipica complessamente organizzata, ampiamente distribuita nelle zone temperate, in parte subtropicali dell'Asia orientale, interna e occidentale, fino al Caucaso (Vaurie, 1965; Kozlova, 1970, ecc.) . Si è già scritto molto sull’argomento ma parrebbe che di certo non ci sia, ancora, nulla. Perlomeno è quello che risulta dalla lettura di almeno tre, relativamente, recenti studi approfonditi che, tra l’altro, in non pochi passaggi si contraddicono a vicenda. lavoro pubblicato nel 2011: ".... Una recente indagine sul DNA mitocondriale delle sottospecie, quindi si presume su tutte, o perlomeno la maggior parte, non ha supportato la loro distinzione morfologica, ad eccezione di due sottospecie, il Phasianus c. suehschanenis ( fagiano di Sungpan ) e Phasianus c. shawi ( fagiano dello Yarkand ). Tuttavia sono necessarie ulteriori ricerche per verificare il carattere genetico distintivo di ciascuna sottospecie ( Qu et al., 2009)... ”. In un altro, sempre di autorevole fonte, si legge: "....In relazione alle 17 sottospecie esaminate ( cinesi e non ) i risultati rivelano che la sottospecie P. c. elegans, dello Yunnan nord-occidentale ( Cina ), si trovava in posizione basale tra i conspecifici studiati, supportando una precedente teoria che il fagiano comune potrebbe aver avuto origine nelle foreste della Cina sud-orientale...." . Da rilevare, che nella Cina sud orientale, con particolare riferimento alle province dello Yunnan e Guangxi, vivono anche il Phasianus c. rothschildi e Phasinaus c. takatsukasae. Tra l’altro, il primo è molto simile al Phasianus c. elegans. Ma non finisce qui ! In un altro studio, viene messa in discussione la validità del Phasianus c. strauchi e, quindi, non dovrebbe essere considerato sottospecificatamente distinto. Per contro, altri autori, ne confermano lo status attuale. Insomma....., da mal di testa ! Ne sono in corso un altri, condotti da europei, non finalizzati alla verifica della classificazione tassonomica di molte delle sottospecie di Phasianus, ed uno di questi prevede la raccolta di campioni ( DNA ) allo scopo di accertarne l'attuale status genetico. Ad ogni modo, che il Phasianus c. elegans possa essere basale rispetto ai congenere parrebbe la tesi più plausibile. Una cosa è tuttavia palese, impossibile per ora, e probabilmente anche in futuro, avere delle certezze, perlomeno sin quando si farà uno studio approfondito che vada oltre le conflittualità tra ricercatori, interessi "politici", finanziari ecc., ecc. Né tantomeno conosceremo quale poteva, o potevano essere i fenotipi qualche migliaio di anni fa. Se mostravano le stesse caratteristiche attuali oppure si sono modificati non solo in relazione ad una naturale diversificazione temporale ma, anche, o soprattutto, a causa dei cambiamenti climatici, ambientali, topo-geografici e quant'altro occorso nei secoli. Lo stesso affascinante dilemma riguarda il Phasianus versicolor ed indirettamente anche il Syrmaticus mikado, relativamente al periodo in cui la loro gamma era ancora continentale. Quale fenotipo presentavano ? Diverso, o simile all’attuale ?. Sicuramente qualcosa, probabilmente ambientale, che unisce queste due specie esiste ( e probabilmente riguarda anche i congenere che vivono sul territorio giapponese ), ed in qualche modo ce lo racconta la loro colorazione particolarmente scura e metallica adatta ad ambienti di fitto sottobosco montano dove abbondano muschi, felci, licheni che, nel gioco di luci ed ombre dato dal fitto frascame, rende la loro livrea altamente mimetica. Questo mi fa pensare che in origine potessero essere diversi, più simili alle forme continentali attuali che vivono nell’est della Cina. Forse sul modello fenotipico del Phasianus c. elegans. Bene ! Allora perché il Phasianus c. formosanus è rimasto simile al Phasianus c. torquatus ? Anche questa forma è isolata, ma si è evoluta rimanendo, per ora, con un piumaggio simile ai congenere continentali che abitano la Cina orientale. Probabilmente questo ha una spiegazione temporale riferita alla separazione dell’Isola di Hainan, dal continente, avvenuta in periodo relativamente recente e la specie, che originariamente doveva essere un Phasinaus c. torquatus, o meglio, una delle varianti di quest'ultimo, non ha avuto la possibilità, sia per il periodo di isolamento più breve quanto un diverso habitat, e non ultimo, il disturbo umano, di modificare totalmente la propria colorazione. Tuttavia, nel Phasianus c. formosanus, qualche mutazione è già avvenuta, sufficiente a ritenerlo sottospecificatamente distinti. Non dobbiamo mai dimenticare che l’evoluzione è un lunghissimo processo del quale noi percepivano solo il lasso temporale concessoci dalla nostra esistenza. Un batter di ciglia. Per cui, la scelta di un criterio universalmente univoco inteso ad identificare le specie ( classificazione ) potrebbe non essere corretto in quanto il criterio evolutivo, in continuo fermento, non si ferma nel tempo, pertanto, ciò che osserviamo riguarda solo una frazione di questo inarrestabile procedimento naturale che muta costantemente. Quindi, ciò che è stato osservato e descritto 200-100 anni fa, ora, potrebbe non corrispondere più, sia geograficamente che morfologicamente, a quanto constatato nei secoli scorsi.
Riassumendo: oltre a quelli già portati a termine, sono in corso alcuni studi finalizzati alla verifica della classificazione tassonomica di molti Phasianus, uno dei quali prevede la raccolta di campioni ( DNA ). Ciò, non per mettere in discussione la validità delle sottospecie, ma allo scopo di determinarne l'esistenza in natura o se sopravvivono solo in cattività. Molti elementi influenzano l'esistenza di non poche sottospecie come conflitti, questioni politiche, interessi economici, grandi opere ingegneristiche, mutazioni drastiche dell'habitat e climatiche, pressione antropica, caccia, immissione di ibridi nelle aree abitate dalle forme indigene ecc. In un tale scenario, lo stato attuale del Phasianus colchicus appare sempre più compromesso in riferimento a popolazioni geneticamente pure ormai estremamente frammentate, localmente distribuite. E’ altresì probabile che molte sottospecie non vivano più nei loro range storici, o che vi si trovino ancora soggetti fenotipicamente simili ma non geneticamente puri, come è anche probabile che molte delle sottospecie descritte esistano ancora solo in alcune collezioni private, nel complessivo disinteresse avicolo, più propenso ad allevare forme che portino guadagni ben maggiori. Alla fin fine, regge il mero interesse...., altro che, "salvaguardia", "tutela" ecc., ecc., suonano bene per la propaganda ma, alla fine, rimangono solo dei sostantivi dall'importante significato.
E' necessario intervenire molto velocemente, senza ulteriori indugi. Il destino di queste stupende creature che non hanno la possibilità di gestire il loro futuro dipende esclusivamente da noi. Non solo il nostro, anche il "loro mondo” sta velocemente mutando, anzi, purtroppo è già cambiato, e per certi aspetti anche in modo irreversibile, pertanto la necessità di convincere gli avicoltori ed alcuni governi a riprogrammare il pensiero, convinzioni e leggi alla realtà, è divenuto ormai imperante. Proteggere si, in natura certamente, attraverso adeguati programmi ma è altresì probabile, lo evidenziano i fatti, che l’unico futuro certo per queste forme sia, paradossalmente, in voliera. Tuttavia, per dare corso al progetto, serve consentire la cattura e l’esportazione di un certo numero di esemplari appartenenti alle varie sottospecie, al fine di poterli gestire in cattività attraverso adeguate e comprovate strutture, consapevoli, in questo modo di poter e dover mantenere nel tempo la purezza genetica sempre più a rischio nei luoghi di origine a causa del crescente rilascio, o fughe, di ibridi da caccia nelle aree abitate dalle forme indigene. Alla fin fine meglio degli esemplari in voliera, ma con la speranza di poter sopravvivere a se stessi attraverso la progenie, di qualche foto o soggetto impagliato in loro ricordo, e della stupidità umana. Starno vero ?. Soprattutto per i detrattori dell’avicoltura. Ma se anziché chiudere occhi e mente, provassero a riflettere, probabilmente capirebbero che la cattività, per ormai sempre più generi e specie, è l’unico modo per poter garantirne la sopravvivenza genetica. Non è molto, lo so, ma per ora non abbiamo altro di meglio e più sicuro.
A volte mi viene chiesta una spiegazione sul perché esistano così tante variazioni in una specie e, ciò che definisce la sottospecie stessa. Sono domande legittime che hanno ispirato molti dibattiti e conversazioni. In questo caso il Phasianus c. colchicus rappresenta la forma nominale, non in senso evolutivo ovviamente, ma prettamente Tassonomico, il resto dei fenotipi compone l’elenco delle sottospecie costituite da individui che, pur presentando fenotipi diversi, hanno stessa continuità genetica. Le sottospecie sono considerate tali in quanto mostrano condizioni riproduttive che si mantengono stabili nel tempo, non di rado dovute al vivere in ambienti isolati o particolari che aiutano la conservazione di un determonato fenotipo.
L’ampia distribuzione ( la più estesa tra i Phasinadae ), notevole capacità di adattamento agli ambienti più ostili e propensione ad espandere la propria gamma, ha creato i presupposti per una diversificazione ( sottospecie ) senza eguali tra i Phasianidae, con popolazioni che dopo essersi adattate e riprodotte, si presentano attraverso fenotipo e comportamento. Ciò premesso, se un organismo riesce a sopravvivere abbastanza a lungo in una determinata area, più o meno lontana dalla gamma originale, è pressoché inevitabile che cambi rispetto al fenotipo parentale ma, pur se isolato, la continuità genetica ( genotipo ) non muterà.
I meccanismi legati alla sopravvivenza fanno si che si installino qualità intrinseche, tuttavia, modelli di piume, abitudini e tattiche intese alla difesa vengono indotti dall'ambiente. Quando lo stock, o meglio, sorgente genetica, inizia a riprodursi all'interno di una certa popolazione, non importa quanto grande o piccola possa essere, i tratti iniziano a stabilirsi gettando le basi per la continuità genetica ricorrente ( fenotipo ) fino al punto di omozigosi ( modello stabilito in genetica continuità ) e, dunque, alla sottospecie consolidata. Tuttavia questo può succedere solo attraverso l’espansione ed occupazione di un nuovo territorio in quanto, un gene dominante in un determinato stock, continuerà a presentarsi come tale fino a quando qualcosa non forzerà la deviazione dal fenotipo tipicamente espresso. Nella maggior parte dei casi ( trattandosi di barriere geografiche ) gli spostamenti in nuove aree, che possono essere causati da diversi fattori, porta a cambiamenti nelle caratteristiche morfometriche ( forma, colore, motivo, ecc. ) che definiscono la sottospecie stessa.
Dopo la doverosa introduzione, ritorniamo a “parlare” di colchicus. Ovviamente, come già intuibile dal titolo di questa pagina, non di metodi d’allevamento, tempi di incubazione e quant’altro, già argomentati alla relativa pagina, e per i quali sia la letteratura quanto il web sono già stracolmi, ma di veri fagiani. Quindi nulla a che vedere con i ben conosciuti ibridi, o Phasianus c. domesticus, che, purtroppo, nell’immaginario comune, ed in particolare dei meno informati, hanno assunto le sembianze di polli colorati snaturando ed avvilendo il ruolo dei loro conspecifici selvatici. La fredda apatia che aleggia attorno a questo stupendo genere, senz'altro dovuta alla “domestica” popolarità dei loro cuginastri allevati, fa si che a causa del poco interesse suscitato tra allevatori, associazioni animaliste, documentaristi ecc., come fossero creature inferiori non degne di nota, molte sottospecie stiano “agonizzando” nell’impassibilità pressoché totale. Ciò è profondamente scorretto, dannatamente stupido e drammaticamente sbagliato ! Basti pensare che nessuna delle note associazioni preposte al controllo delle specie ha inteso, perlomeno sino ad oggi, prendere in esame la possibilità di considerare alcune di esse, se non la gran parte, come in pericolo di estinzione considerando il genere, nel suo insieme "a rischio minimo". Assurdo ! Sempre e solo grazie agli ibridi d'allevamento. Per contro, da quanto in mia conoscenza o, perlomeno da quello che risulta dalle mie ricerche, un buon numero di sottospecie, ha già imboccato la via del non ritorno. Anzi, per alcune di esse l’esistenza stessa è in serio dubbio e/o letteralmente attaccata ad un filo. Inoltre, da considerare il pericolo sia per le sottospecie in pericolo quanto quelle apparentemente ancora in "salute", dovuto alla contaminazione genetica. Quindi, è altresì probabile che un certo numero di sottospecie sopravviva solo in avicoltura, perlomeno come geneticamente pure. Concettualmente, l’estinzione di una specie, viene idealizzata nella sparizione fisica della stessa ma, non è sempre così, infatti può accadere, come nel caso dei Phasainus colchicus, che sia letteralmente “assorbita” dall'incrocio con soggetti ibridi d'allevamento che, non di rado, producono esemplari fenotipicamente somiglianti, quando non identici, alla sottospecie indigena pur rimanendo organismi anomali, una sorta di inconsapevoli "parassiti", o meglio, bomba ad orologeria, intesa alla distruzione di se stessi persi nel caos di geni irreparabilmente compromessi. Scenario troppo apocalittico ? Purtroppo no ! la prospettiva è tutt’altro che immaginaria com'anche sottolineato nello studio sopra esposto, seppur a grandi linee, che si sta conducendo. Nei paesi di origine ( quindi non solo la Cina ) oltre a cause varie, l’allevamento del ben noto ibrido da caccia è in costante aumento mettendo sempre più a rischio la sopravvivenza delle forme autoctone. Ufficialmente in Cina, nonostante vi siano ben 19 sottospecie, non si è pensato di allevare in purezza soggetti delle varie sottospecie, soprattutto all'interno delle gamme originali che, il più delle volte, sono comprese in pressochè tutte le province cinesi, bensì di allevare ibridi derivati dall’incrocio di forme selvatiche, o tra queste e fagiani "americani", jumbo, tenebrosi, platino, bianchi ecc., per la produzione di carne e uova. Di seguito un brevissimo accenno di quanto appena menzionato.
" Attualmente in Cina le forme allevate e incrociate più comunemente sono: P. c. karpowi sia in purezza che incrocio - P. c. domesticus < nelle forme americane: fagiano jumbo - P. c. tenebrosus, nelle varie colorazioni – mutazione bianca e platino >. L’allevamento viene soprattutto esercitato con due metodi: 1 ) in apparente purezza riguarda il P. c. karpowi ( sottospecie Hebei per i cinesi ) con i maschi che pesano mediamente da 1000 a 1350 g., il cui adattamento alla cattività è stato curato dall’Istituto di Ricerca Specializzato dell’Accademia Cinese di Scienze Agrarie, anche, allo scopo di ottenere soggetti caratterialmente più gestibili da incrociare con esemplari di provenienza americana o comunque ibrida. Mentre le femmine raggiungono i 550-900 g. Produzione media 25-26 uova x femmina. Fecondità delle stesse che supera di norma l’87% con un tasso di schiusa pari a circa l’89%. Nota sintetica: questa sottospecie viene descritta come avente un forte istinto selvaggio con ottima attitudine al volo. Grande capacità di sopravvivenza e relativo facile adattamento sia all’ambiente, quanto alla vita selvatica, dopo essere stato rilasciato in natura.
2 ) Denominato “fagiano Zuojia” ( letteralmente: Zuojia improved Pheasant ). Questa razza è stata ottenuta, sempre dall’Istituto di Ricerca Specializzato dell’Accademia Cinese di Scienze Agrarie, incrociando il P. c. karpowi con il fagiano ibrido americano. Rispettivamente, maschi e femmine a 21 settimane mediamente pesano 1,55 kg e 1,15 kg, mentre in età adulta raggiungono il peso di 1,700 kg i maschi e 1,250 kg le femmine. Produzione media 60-65 uova per fagiana. Fecondità delle stesse pari all’88,5% con un tasso di schiusa medio dell’87,6%.
Da rilevare che i fagiani americani, derivati dai P. c. pallasi e torquatus importati dalla Cina così come, jumbo, tenebrosus, bianco e platino, sono stati e, probabilmente, vengono tuttora, acquistati presso la MacFarlane Pheasants Inc. – Wisconsin USA, a cura dell’Istituto di Ricerca Specializzato dell’Accademia Cinese di Scienze Agrarie. Insomma, un grottesco quanto devastante ritorno in patria, in un ruolo che oserei definire “terroristico”, finalizzato, col consenso locale, alla distruzione delle forme indigene.
Ovviamente quanto appena citato corrisponde all’aspetto più controllato e tecnico riguardante l’allevamento del fagiano. Per contro, in Cina, e non solo, esistono allevamenti privati di varia portata in pressoché tutte le province, comprese quelle più remote, dove, è più che probabile, vengano allevati ibridi derivati da altri incroci e questo complica ulteriormente le cose. Paradossalmente la Cina, da un lato protegge, seppur in allegato di secondo livello, fors'anche perché non "stimolata" dalle organizzazioni occidentali ad assumere regole più drastiche ( il completo disinteresse avicolo già citato ), e nel contempo consente l'allevamento dei già citati ibridi per la produzione di carne e uova da destinare al mercato.
A causa delle mutate condizioni ambientali, grandi opere ingegneristiche, pressione antropica in costante aumento così come da quanto sopra menzionato in relazione all’allevamento, e non solo nei riguardi della Cina, è necessario intervenire molto velocemente senza ulteriori indugi !. Il destino di queste stupende creature che non hanno la possibilità di gestire il loro futuro dipende da noi. Non solo il nostro, anche il loro “mondo” sta velocemente mutando, anzi, purtroppo è già cambiato, e per certi aspetti anche in modo irreversibile, pertanto la necessità di convincere alcuni governi a riprogrammare il pensiero, convinzioni e leggi a quella che è la realtà, è divenuto ormai imperante. Proteggere si, in natura certamente, attraverso adeguati programmi ma è altresì probabile, lo evidenziano i fatti, che l’unico futuro certo per queste forme sia, paradossalmente, in voliera. Tuttavia, per dare corso al progetto, serve consentire la cattura e l’esportazione di un certo numero di esemplari appartenenti alle varie sottospecie, al fine di poterli gestire in cattività attraverso adeguate e comprovate strutture, consapevoli, in questo modo di poter e dover mantenere nel tempo la purezza genetica sempre più a rischio, in natura, a causa del crescente rilascio di ibridi da caccia nelle aree abitate dalle forme indigene.. Alla fin fine meglio degli esemplari in voliera, ma con la speranza di poter sopravvivere a se stessi attraverso la progenie, di qualche foto o soggetto impagliato in loro ricordo, e della stupidità umana. . Starno vero ?. Soprattutto per i detrattori dell’avicoltura ma se, anziché chiudere occhi e mente, provassero a riflettere, probabilmente capirebbero che la cattività per questo genere di Galliformi, così come per altri, ed altri generi, è l’unico modo per poter garantire la loro sopravvivenza.
Ma, bando ai preamboli! Ritornando allo scopo principale dell’articolo che, per una maggiore sinteticità e comprensione, ho deciso di suddividere la disamina, relativa a quanto dal mio punto di vista andrebbe rivisto nei riguardi di alcune sottospecie, per ora, in 3 parti, che avranno come oggetto, o meglio, tratteranno 2 sottospecie ognuna. Una sorta di confronto, con testi molto brevi, sintesi tutt’altro che facile, come nel caso degli Ithaginis, di un lunghissimo lavoro comprensivo di ricerca sia fotografica, letteraria e topografica.
I primi a trattare saranno il Phasianus c. satscheuensis e Phasianus c. edzinensis. Due sottospecie che, ad eccezione di individui molto tipici appartenenti al primo ( satchu ), caratterizzati da una colorazione estremamente pallida ( vedere pelle e montatura ), risultano distinguibili l’una dall’altra con difficoltà. Da considerare che P. c. edzinensis sino a circa tre anni fa, sia in Europa, quanto negli USA, si presumeva fosse fenotipicamente identico alla mutazione platino, con tanto di esemplari, spacciati per “puri”, tenuti in Germania. La cosa più sconcertante è che nessuno degli autori occidentali si è mai preoccupato di “andare oltre”, cercare di verificare, comprendere ecc., perlomeno finché, io e l’amico Njal Bergè, trovammo le immagini di questa “emblematica” sottospecie che, alla fin fine, tanto misteriosa non è, in un primo momento, fuorviati, da quanto sopra citato, non riconoscemmo. Solo successivamente, presi dal dubbio e, da certe evidenze, iniziammo a considerare alcune informazioni e, quindi, arrivare alla verità. Ovviamente, e come si evince dalle immagini, si presenta molto diversa da quello che si presumeva fosse. I dubbi, grazie a due “dilettanti”, erano finalmente risolti. Tuttavia, ed esclusivamente per dovere di cronaca, in Europa un certo autore, del quale ovviamente non faccio il nome, non accetta, a prescindere, il fatto che le immagini trovate siano di P. c. edzinensis in quanto la località non corrisponde a quella tipo. Ma questo lo vedremo in seguito. Sono pronto a scommettere che, se gli stessi esemplari, fossero stati fotografati nell’area storica attribuita al P. c. edzinensis, non avrebbe avuto la benché minima esitazione. Da notare anche che, il personaggio, da quanto ne so, non ha mai avuto la possibilità di vedere un P. c. edzinensis in vita o pelle. Del resto, se gli autori, ed in particolare quelli moderni, non si fossero esclusivamente basati sul passa parola o mero scopiazzare l’un l’altro ( copia/incolla ), pubblicando testi con informazioni obsolete che, in non pochi casi, andrebbero corrette o totalmente rivedute, sarebbe stato molto facile capire. Avrebbero potuto trovare immagini e scritti, però ciò comportava l’investire centinaia di ore nella ricerca ed analisi dei dati, oppure pelli collezionate nei Musei cinesi e russi ( S. Pietroburgo ). Ma probabilmente, la troppa sicurezza, poca propensione alla ricerca e scarsa curiosità hanno permesso che ciò avvenisse. Scusate, ma ogni tanto devo togliermi qualche sassolino dalla scarpa.
In realzione a P. c satscheuensis e P. c. edzinensis, cioè la prima coppia che tratterò, già da diversi mesi un pensiero, per quanto molto confuso, in una sorta di stato embrionale, quindi non ben definito, ronzava insistentemente nella mia testa. A questo punto serviva trovare qualche appiglio che mi permettesse di dargli forma !. Dopo aver ri-letto con attenzione, alcune significative parti dei diari di viaggio degli esploratori e naturalisti russi Pzevalskyi ed in particolare Kozlov, nonché quelli di altri colleghi, il primitivo pensiero si è potuto evolvere in una, a parer mio, valida teoria. Ma andiamo per ordine. Una delle prime domande che mi sono posto era riferita al come mai in un area molto studiata dagli esploratori dell’epoca, ed in particolare il sopracitato Kozlov ( ben 8 viaggi in queste zone ), non viene, per quanto ne so sino ad ora, mai menzionata l’osservazione di fagiani nell’area di Edzin-gol ( nell’attuale provincia cinese della Inner Mongolia ). Quest’ultimo, in particolare, sapeva dell’esistenza di satchu e, se ci fosse stata una forma simile in quell’area, presumo, anzi, ne sono più che convinto, se ne sarebbe accorto o perlomeno qualcuno, appartenente alle popolazioni locali, glielo avrebbe riferito, come ho avuto modo di constatare, non poche volte, nel corso delle ricerche riguardanti una o l’altra specie. Sappiamo molto bene che le differenze tra le due sottospecie sono minime, e questo dovrebbe evincersi ancora meglio nelle aree in cui è presumibile che le gamme si incontrano e fors’anche sovrappongono quindi, facilmente confondibili ( in archivio ho foto di pelli in gruppo classificate, in Europa, come P. c satscheuensis, tuttavia, una di queste è palesemente di P. c. edzinensis. Ciò è comprensibile perché, come sopra citato, in Europa si presumeva che P. c. edzinensis avesse un fenotipo simile alla mutazione platino ). E’ risaputo che Satchu è caratterizzato da grande variabilità individuale, per contro, pur non conoscendo, ad oggi, quanto il fenotipo di edzinensis possa cambiare, sappiamo che la colorazione di corona, presenza o meno di linee sopracciliari ed altezza del collare, sono molto soggettivi. Tutte le immagini di P. c. edzinensis trovate sino ad ora ( circa una settantina ), eccetto tre, così come i campioni raccolti dai biologi cinesi per uno degli studi citati all’inizio di questa disamina, provengono dalla stessa area, cioè le zone umide di Gaotai Heihe - Zhangye – Gansu Cina. Dei tre esemplari, due sono stati fotografati nella provincia della Inner Mongolia ( Cina ) lungo il corso del fiume Emune Gaole, ed uno dei due proprio all’interno di quella che viene considerata la gamma storica e più precisamente in area Ejin Banner. Il terzo esemplare è stato immortalato in una zona desertica ( Gobi ) della Mongolia, comunque non lontano dal confine con la precedente provincia menzionata. I due esemplari fotografati in aree diverse da quest’ultima: il primo nella Inner Mongolia, appena oltre il confine con il Gansu sul corso del fiume edzin, cioè appena oltre l’area in cui abbiamo trovato la maggior parte delle foto, ma, già di per se significativo ed a supposto della teoria che ho elaborato in riguardo alla distribuzione di questa sottospecie. L’altro è stato fotografato nell’estremo sud centro della Mongolia, non particolarmente lontano dall’area storica. Avendo a disposizione queste basi, e la topografia di queste due province, che ad una analisi superficiale, potrebbero sembrare insignificanti possiamo invece, conoscendo un poco certi meccanismi, formulare alcune ipotesi iniziali riguardanti P. c. edzinensis stesso ed il perché due sottospecie che in generale appaiono come distinguibili con difficoltà, quindi con necessità biologiche, vita e sopravvivenza molto simili, si siano evolute, perlomeno in base alla letteratura, in aree differenti e, da quanto in mia conoscenza, habitat piuttosto diversi, soprattutto nel Gansu. Quindi, ammesso che edzinensis sia una sottospecie e non una variante geografica di satchu, cosa comunque non improbabile, “scuritasi” un poco nel procedere verso il sud del Gansu dove, tra l’altro, ha incontrato un habitat diverso da quello storico di satchu. , cioè ricco di vegetali ed acqua. Potrebbe anche essere che Ma forse non è stato edzinensis ad arrivare nel Gansu, ma satchu che si è spinto sino a Edzin-gol e li si è fermato perché oltre non c’erano più le condizioni naturali necessarie per la sopravvivenza costituendo una piccola popolazione estintasi nel tempo per cause naturali. In quell’area è stato trovato, e nella fretta descritto come sottospecie edzinensis. Attualmente, guardando le immagini della zona, non credo che ad Edzin-gol possano vivere fagiani, quindi sarebbe spiegata anche la teoria di edzinensis arrivato nel Gansu. Sarebbe interessante sapere cronologicamente da quando la sottospecie si trova in quell’area, quanti esemplari sono stati collezionati ecc, ecc. Avrei molte altre domande alle quali dare una risposta, chissà, forse proseguendo nelle nostre ricerche, troveremo anche qualche risposta.
Questa teoria spiegherebbe il perché di tante cose, compreso il trovare entrambe le sottospecie nella stessa area del Gansu, e la grande somiglianza tra le due. Tuttavia se qualche studio dovesse provare lo status di entrambe le sottospecie, la mia convinzione riguardante la propagazione di edzinensis, dal Gansu all’Inner Mongolia rimarrebbe invariata.